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sabato 11 luglio 2015

Una riflessione...

L'esperienza del master non fu cosa facile, non per la difficoltà del corso di studio, ma per i continui episodi di razzismo a cui venivo sottoposta quotidianamente. Persino i miei compagni di classe evitavano la mia compagnia e questo mi ferì profondamente, così decisi di portare a termine il percorso formativo , ma di lasciare la città ogni fine settimana.
Ogni lunedì prendevo il treno che era ancora buio per giungere a lezione alle 9 del mattino e ogni giovedì dopo aver ascoltato l'ultima lezione saltavo il pranzo e correvo alla stazione per lasciare quel posto ormai diventato fin troppo difficile da sopportare.
Quando arrivi in una città ricca e famosa come quella, osannata dagli scrittori e dalle guide turistiche pensi di entrare in contatto con una realtà bella e stimolante, ma l'unica cosa che mi stimolò quel posto fu un profondo senso di disgusto per quei luoghi, tanto che a master concluso giurai di non metterci mai più piede: sono trascorsi quasi 10 anni e non sono più tornata nè in quella città nè il quella regione e a dire il vero boicotto l'acquisto di tutti i prodotti che vengono realizzati in quei luoghi!
Se per quella gente le persone che vivono nell'altra parte della regione sono da evitare, allora io non voglio più nulla da loro e i miei soldi li spendo altrove!
Sembra un discorso assurdo, ma credetemi se aveste vissuto anche solo metà degli eventi spiacevoli che mi sono capitati allora anche a voi verrebbe la repulsione...
Avevo trovato lavoro in un fast-food del centro, per il semplice fatto che essendo un francising era gestito da un direttore che non era del luogo. Era una persona per bene, una persona gentile e disponibile, come in realtà ce ne sono davvero poche.
Lavoravo nel cuore pulsante della città e avanti a me avevo una splendida vista: il monumento più importante!
Lavoravo su turni, così avevo il tempo di seguire le lezioni e di guadagnare qualcosa. Il mio lavoro era servire ai tavoli, preparare caffè e fare cassa... Non era difficile, ma lo diventava nel momento in cui avevo un qualsiasi tipo di conversazione con alcuni tipi di clienti. Non dico che il 100% dei clienti fosse razzista, ma un buon 60% sì.
Un giorno arrivò una signora, mi chiese un panino, avevamo tutti i guanti ed era obbligatorio usare le pinze per toccare ogni tipo di alimento, così presi il panino e lo misi sulla piastra per scaldarlo. Quel giorno il locale era abbastanza affollato, così, mentre il panino raggiungeva la temperatura desiderata servii un altro cliente.
Avevo come colleghi diversi ragazzi, tutti stranieri, tra loro c'era un ragazzo di colore che veniva dallo Sri-Lanka. Quel ragazzo si accorse che forse il panino si stava scaldando troppo e poichè ero molto impegnata prese le pinze e lo girò. Notai la donna che lo aveva ordinato fare una smorfia, poi mi raggiunse in cassa e disse: "Ora il panino non lo voglio più!"
Non potevo credere alle sue parole, ma prima ancora che potessi rispondere la donna uscì dal locale sdegnata.
Non penso che ci fosse nulla di male in quello che il mio collega aveva fatto, quale era la sua colpa?
D'istinto mi girai verso quel ragazzo, aveva gli occhi lucidi, abbassò lo sguardo e disse: "Non ti preoccupare, ci sono abituato!"
Non penso che ci si abitui mai a questo tipo di cose, mi chiedo se davvero il colore della pelle sia così importante in un mondo che sta andando a rotoli per motivi ben diversi!
La gente fa cose riprovevoli eppure nessuno si permette di giudicare o tanto meno di discriminare se si tratta di persone investite di potere, uno strano stupido potere... La gente comune e perbene viene messa al bando perchè è diversa dallo stupido stereotipo che per anni è stato diffuso nell'immaginario collettivo, mi chiedo: che mondo è questo?
Sinceramente la vicenda non merita che mi soffermi un minuto di più... parliamo d'altro, forse è meglio...

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